Prendete
qualunque formiginese e, dopo la rovente estate della politica italiana
formulate questa domanda: per lei andrebbero tagliati i costi della politica?
Le risposte possono essere due: un sì convinto e assoluto, oppure una serie di
improperi, offese e frasi che sintetizzano un misto di sentimenti che vanno dalla
indignazione alla rabbia, con sfumature tendenti allo sconforto e alla
rassegnazione. Alla stessa domanda noi abbiamo provato a dare una risposta un
po’ più articolata che vogliamo condividere con voi in questo articolo. Innanzi
tutto cerchiamo di mettere a fuoco quali sono i “costi della politica”.
Partiamo dalle parole. Per noi i “costi” possono essere diretti e indiretti
mentre per “politica” si devono intendere i parlamentari (deputato e senatore),
i consiglieri (consigliere comunale, provinciale, regionale), e gli
amministratori (sindaco, presidente di provincia o regione, assessori comunali,
provinciali e regionali, presidente del consiglio, ministri e sottosegretari).
Fatta questa premessa tra i costi diretti ci sono i rimborsi e gli stipendi
degli amministratori e dei consiglieri/parlamentari eletti. Tra i costi
indiretti tutti quei bonus che si caratterizzano come privilegi, cioè come
elementi che differenziano il trattamento tra un politico pro tempore e un
qualunque cittadino (esempio il regime pensionistico dei vitalizi, le auto blu,
mense e ristoranti dedicati, ecc…). Questi costi andrebbero drasticamente
ridotti e in molti casi azzerati. Tuttavia tra i costi indiretti c’è anche il
costo per il mancato o distorto funzionamento della politica (mancate scelte,
rimandare decisioni, ritardi nei tempi degli atti dovuti, costituzione e
gestione di società/agenzie inutili e spesso ridondanti rispetto agli enti già
esistenti, fino alla corruzione ed alla concussione). I costi indiretti per
mancato funzionamento della politica sono difficili da quantificare. In Italia
il controllo di questi costi, secondo meccanismi sempre più complicati ed
intrecciati, è affidato da una parte agli elettori (che valutano l’operato di
coloro che hanno eletto) e dall’altra della magistratura (nel caso di condotte
illegali). Nella tabella 1 proviamo invece a guardare più da vicino i costi
diretti e i “bonus” di vari livelli amministrativi e di governo.
Dai
dati emerge subito una differenza ed è la sproporzione tra il livello locale,
quello dei comuni e il livello regionale e nazionale.
A
Formigine il Sindaco, con i compiti le responsabilità che la legge gli assegna
percepisce uno stipendio netto di 2000 euro al mese. Gli assessori comunali
prendono un lordo di 948 euro al mese, se sono in aspettativa dal loro
precedente lavoro, mentre se lo riescono a mantenere nel periodo in cui
svolgono le funzioni di assessore percepiscono al massimo 500 euro mensili.
Analogamente avviene per i comuni limitrofi del distretto ceramico. Il ruolo di
ogni assessore è molto importante, in quanto è il responsabile e punto di
riferimento per alcune deleghe dell'attività amministrativa del Comune
(ambiente, urbanistica, istruzione, sociale, cultura, lavori pubblici,
sicurezza, attività produttive, ecc..). Gli assessori si riuniscono con il
Sindaco almeno una volta alla settimana (Giunta comunale) per decidere insieme
con atti ufficiali relativamente a tutti i settori di loro competenza. A questo
si aggiunge che devono, attraverso gli uffici comunali, tradurre in pratica e
dare attuazione alle decisioni prese, partecipare alle diverse iniziative,
coordinarsi con i gruppi consigliari,
ricevere i cittadini. E’ un impegno totalizzante, che richiede di
dedicare a questa attività, oltre alle ore lavorative riconosciute, molte sere
della settimana ed interi week end. Se uno ci mette passione e interesse, se
dedica al suo ruolo il tempo che serve, non sono qui i costi della politica.
Il
consigliere comunale rispetto all’assessore non ha un fisso mensile, ma un
gettone di presenza di 40 euro lordi a seduta d'aula (consiglio comunale) o di
commissione (dove vengono visti e illustrati atti e documenti qualche giorno
prima che vengano sottoposti al voto del consiglio comunale). Nel 2010 a
Formigine vi sono state 17 consigli comunali, quindi ogni consigliere, se
sempre presente, ha percepito in tutto 544 euro netti, per una media poco più
di 45 euro netti al mese più le eventuali presenze alle commissioni. Il ruolo
del consigliere è quello di indirizzo e controllo politico/amministrativo delle
attività del Comune. Se in questo ruolo ci si mette impegno e passione, si
devono impegnare diverse sere a settimana tra commissioni e consigli comunali,
incontri con i diversi gruppi politici, raccolta e studio dei documenti a
disposizione, partecipazione a iniziative ed eventi del paese. Se uno ci mette
passione e interesse, se dedica al suo ruolo il tempo che serve, ancora una
volta non sono qui i costi della politica.
Ora
visto quali sono e dove sono i costi della politica è chiaro che per ridurli
non sempre bisogna tagliare! Occorre tagliare e riorganizzare. Se tagliassi del
10 % gli stipendi a tutti i politici prendo una decisione sicuramente popolare
ma sarebbe anche un’azione utile ed equa? No, perché l’assessore comunale
continuerebbe ad essere pagato in modo non proporzionale all’impegno che ha
mentre il parlamentare guadagnerebbe ancora troppo. Per ridurre i costi della
politica occorre riorganizzare, perché la politica deve funzionare e quindi non
servono solo tagli ma riforme, altrimenti anche 1 solo euro di spesa sarebbe
sempre troppo e inaccettabile. Come sempre i più virtuosi saranno i comuni. Una
legge del 2010 impone di ridurre i consiglieri comunali e impone un tetto
massimo al numero di assessori. A Formigine dalle prossime elezioni
amministrative i consiglieri comunali passeranno dagli attuali 30 a 24 (- 6) e
gli assessori potranno essere al massimo 7 più il Sindaco (attualmente
Formigine ne ha 6 più il Sindaco). Ancora una volta il senso civico e le buone
pratiche sono di casa nei municipi.
Alziamo
lo sguardo e guardiamo le regioni e il numero di eletti nei rispettivi consigli
regionali. Anche qui servirebbe una riforma. Se dividiamo le regioni in gruppi
accorpandole per numero di abitanti vediamo come alcune hanno un congruo numero
di consiglieri, altre potrebbero essere più virtuose tagliano alcuni posti da
consigliere, altre sono fuori media avendo un numero di consiglieri
sproporzionato rispetto alla popolazione.
Emerge
così che Trento e Bolzano sono meno virtuosi della Basilicata. Il Friuli
Venezia Giulia ha 14 consiglieri in più rispetto ad Abruzzo e Marche. La
Sardegna ne ha il doppio rispetto alla Liguria. La Puglia ne ha 20 in più
rispetto alla Emilia Romagna. La Sicilia ne ha 30 in più del Veneto. La
Campania è più virtuosa del Lazio. Sempre rispetto alla regioni occorre poi
chiedersi se abbia ancora un senso mantenere il regime delle regioni a statuto
speciale! Questi regimi, forse un tempo giustificati, oggi sono decisamente
superati e non è più accettabile che Sicilia e Trentino Alto Adige siano
privilegiati in termini di risorse e di libertà organizzativa! Anche in quegli
regimi speciali si sono annidati e si annidano i costi della politica. Eppure
in questo caso i cittadini, che sono contro i privilegi ai politici, non sono
altrettanti agguerriti per proporre riforme che, seppure eque, toccherebbero
direttamente anche i loro interessi.
Razionalizzare
i costi della politica (cioè a volte aumentarli e a volte ridurli) sarebbe un
segnale molto concreto che permetterebbe di diminuire la diffidenza e l’apatia
dei cittadini nei confronti della politica e di avviare una rivoluzione civica
e culturale del paese che, coi suoi tempi, darà frutti sociali ed economici.
E pensare che
l’articolo 50 dello Statuto Albertino del 1848 sosteneva il principio per cui
la politica era un servizio da rendere gratuitamente. Un servizio d’onore e
rispettabilità. Certo allora la politica era fatta da pochi ma forse, nella
ricorrenza dei 150 anni dall’unità d’Italia varrebbe la pena di ricordarci
delle nostre origini e con intelligenza e coraggio, senza populismo o
qualunquismo, provare a cambiare tornando come Stato al senso civico che si
respira ancora nei nostri comuni. La politica serve. Il gioco al ribasso di chi
dice che occorre eliminare i costi senza distinzioni e senza proporre riforme
vuole in fondo solo legittimare l’inutilità della politica stessa. Si creerà
allora un vuoto che qualcuno o qualcosa provvederà a riempire. Se non scelgono
persone elette dal popolo sceglieranno altri. Sarà ancora democrazia?


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