lunedì 19 dicembre 2011

I COSTI DELLA POLITICA? LA SOLUZIONE VIENE DAL BASSO

I costi della politica? La soluzione viene dal basso. Torniamo al senso civico che si respira ancora nei nostri comuni! Abbiamo provato a ragionare partendo dai dati.

Prendete qualunque formiginese e, dopo la rovente estate della politica italiana formulate questa domanda: per lei andrebbero tagliati i costi della politica? Le risposte possono essere due: un sì convinto e assoluto, oppure una serie di improperi, offese e frasi che sintetizzano un misto di sentimenti che vanno dalla indignazione alla rabbia, con sfumature tendenti allo sconforto e alla rassegnazione. Alla stessa domanda noi abbiamo provato a dare una risposta un po’ più articolata che vogliamo condividere con voi in questo articolo. Innanzi tutto cerchiamo di mettere a fuoco quali sono i “costi della politica”. Partiamo dalle parole. Per noi i “costi” possono essere diretti e indiretti mentre per “politica” si devono intendere i parlamentari (deputato e senatore), i consiglieri (consigliere comunale, provinciale, regionale), e gli amministratori (sindaco, presidente di provincia o regione, assessori comunali, provinciali e regionali, presidente del consiglio, ministri e sottosegretari). Fatta questa premessa tra i costi diretti ci sono i rimborsi e gli stipendi degli amministratori e dei consiglieri/parlamentari eletti. Tra i costi indiretti tutti quei bonus che si caratterizzano come privilegi, cioè come elementi che differenziano il trattamento tra un politico pro tempore e un qualunque cittadino (esempio il regime pensionistico dei vitalizi, le auto blu, mense e ristoranti dedicati, ecc…). Questi costi andrebbero drasticamente ridotti e in molti casi azzerati. Tuttavia tra i costi indiretti c’è anche il costo per il mancato o distorto funzionamento della politica (mancate scelte, rimandare decisioni, ritardi nei tempi degli atti dovuti, costituzione e gestione di società/agenzie inutili e spesso ridondanti rispetto agli enti già esistenti, fino alla corruzione ed alla concussione). I costi indiretti per mancato funzionamento della politica sono difficili da quantificare. In Italia il controllo di questi costi, secondo meccanismi sempre più complicati ed intrecciati, è affidato da una parte agli elettori (che valutano l’operato di coloro che hanno eletto) e dall’altra della magistratura (nel caso di condotte illegali). Nella tabella 1 proviamo invece a guardare più da vicino i costi diretti e i “bonus” di vari livelli amministrativi e di governo.

Dai dati emerge subito una differenza ed è la sproporzione tra il livello locale, quello dei comuni e il livello regionale e nazionale. 
A Formigine il Sindaco, con i compiti le responsabilità che la legge gli assegna percepisce uno stipendio netto di 2000 euro al mese. Gli assessori comunali prendono un lordo di 948 euro al mese, se sono in aspettativa dal loro precedente lavoro, mentre se lo riescono a mantenere nel periodo in cui svolgono le funzioni di assessore percepiscono al massimo 500 euro mensili. Analogamente avviene per i comuni limitrofi del distretto ceramico. Il ruolo di ogni assessore è molto importante, in quanto è il responsabile e punto di riferimento per alcune deleghe dell'attività amministrativa del Comune (ambiente, urbanistica, istruzione, sociale, cultura, lavori pubblici, sicurezza, attività produttive, ecc..). Gli assessori si riuniscono con il Sindaco almeno una volta alla settimana (Giunta comunale) per decidere insieme con atti ufficiali relativamente a tutti i settori di loro competenza. A questo si aggiunge che devono, attraverso gli uffici comunali, tradurre in pratica e dare attuazione alle decisioni prese, partecipare alle diverse iniziative, coordinarsi con i gruppi consigliari,  ricevere i cittadini. E’ un impegno totalizzante, che richiede di dedicare a questa attività, oltre alle ore lavorative riconosciute, molte sere della settimana ed interi week end. Se uno ci mette passione e interesse, se dedica al suo ruolo il tempo che serve, non sono qui i costi della politica.
Il consigliere comunale rispetto all’assessore non ha un fisso mensile, ma un gettone di presenza di 40 euro lordi a seduta d'aula (consiglio comunale) o di commissione (dove vengono visti e illustrati atti e documenti qualche giorno prima che vengano sottoposti al voto del consiglio comunale). Nel 2010 a Formigine vi sono state 17 consigli comunali, quindi ogni consigliere, se sempre presente, ha percepito in tutto 544 euro netti, per una media poco più di 45 euro netti al mese più le eventuali presenze alle commissioni. Il ruolo del consigliere è quello di indirizzo e controllo politico/amministrativo delle attività del Comune. Se in questo ruolo ci si mette impegno e passione, si devono impegnare diverse sere a settimana tra commissioni e consigli comunali, incontri con i diversi gruppi politici, raccolta e studio dei documenti a disposizione, partecipazione a iniziative ed eventi del paese. Se uno ci mette passione e interesse, se dedica al suo ruolo il tempo che serve, ancora una volta non sono qui i costi della politica.
Ora visto quali sono e dove sono i costi della politica è chiaro che per ridurli non sempre bisogna tagliare! Occorre tagliare e riorganizzare. Se tagliassi del 10 % gli stipendi a tutti i politici prendo una decisione sicuramente popolare ma sarebbe anche un’azione utile ed equa? No, perché l’assessore comunale continuerebbe ad essere pagato in modo non proporzionale all’impegno che ha mentre il parlamentare guadagnerebbe ancora troppo. Per ridurre i costi della politica occorre riorganizzare, perché la politica deve funzionare e quindi non servono solo tagli ma riforme, altrimenti anche 1 solo euro di spesa sarebbe sempre troppo e inaccettabile. Come sempre i più virtuosi saranno i comuni. Una legge del 2010 impone di ridurre i consiglieri comunali e impone un tetto massimo al numero di assessori. A Formigine dalle prossime elezioni amministrative i consiglieri comunali passeranno dagli attuali 30 a 24 (- 6) e gli assessori potranno essere al massimo 7 più il Sindaco (attualmente Formigine ne ha 6 più il Sindaco). Ancora una volta il senso civico e le buone pratiche sono di casa nei municipi.

Alziamo lo sguardo e guardiamo le regioni e il numero di eletti nei rispettivi consigli regionali. Anche qui servirebbe una riforma. Se dividiamo le regioni in gruppi accorpandole per numero di abitanti vediamo come alcune hanno un congruo numero di consiglieri, altre potrebbero essere più virtuose tagliano alcuni posti da consigliere, altre sono fuori media avendo un numero di consiglieri sproporzionato rispetto alla popolazione.
Emerge così che Trento e Bolzano sono meno virtuosi della Basilicata. Il Friuli Venezia Giulia ha 14 consiglieri in più rispetto ad Abruzzo e Marche. La Sardegna ne ha il doppio rispetto alla Liguria. La Puglia ne ha 20 in più rispetto alla Emilia Romagna. La Sicilia ne ha 30 in più del Veneto. La Campania è più virtuosa del Lazio. Sempre rispetto alla regioni occorre poi chiedersi se abbia ancora un senso mantenere il regime delle regioni a statuto speciale! Questi regimi, forse un tempo giustificati, oggi sono decisamente superati e non è più accettabile che Sicilia e Trentino Alto Adige siano privilegiati in termini di risorse e di libertà organizzativa! Anche in quegli regimi speciali si sono annidati e si annidano i costi della politica. Eppure in questo caso i cittadini, che sono contro i privilegi ai politici, non sono altrettanti agguerriti per proporre riforme che, seppure eque, toccherebbero direttamente anche i loro interessi.
Razionalizzare i costi della politica (cioè a volte aumentarli e a volte ridurli) sarebbe un segnale molto concreto che permetterebbe di diminuire la diffidenza e l’apatia dei cittadini nei confronti della politica e di avviare una rivoluzione civica e culturale del paese che, coi suoi tempi, darà frutti sociali ed economici.
E pensare che l’articolo 50 dello Statuto Albertino del 1848 sosteneva il principio per cui la politica era un servizio da rendere gratuitamente. Un servizio d’onore e rispettabilità. Certo allora la politica era fatta da pochi ma forse, nella ricorrenza dei 150 anni dall’unità d’Italia varrebbe la pena di ricordarci delle nostre origini e con intelligenza e coraggio, senza populismo o qualunquismo, provare a cambiare tornando come Stato al senso civico che si respira ancora nei nostri comuni. La politica serve. Il gioco al ribasso di chi dice che occorre eliminare i costi senza distinzioni e senza proporre riforme vuole in fondo solo legittimare l’inutilità della politica stessa. Si creerà allora un vuoto che qualcuno o qualcosa provvederà a riempire. Se non scelgono persone elette dal popolo sceglieranno altri. Sarà ancora democrazia?


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